Diamo oggi il benvenuto alla band IL VUOTO ELETTRICO, formazione poliedrica che sta raccogliendo consensi crescenti nel pubblico italiano. Recentemente impegnata nella promozione del lavoro I MIEI AVANZI, leggiamo con curiosità l’intervista alla band IL VUOTO ELETTRICO, grati e onorati per il loro tempo e la cortesia riservataci! Affronteremo perciò aspetti musicali e di vita dei componenti, la formazione IL VUOTO ELETTRICO si confiderà con noi con quelle che sono le collaborazioni, fra le quali con Safe&Sound, le esperienze, e i progetti futuri. Entriamo nel vivo dell’intervista e diamo un caloroso benvenuto alla band IL VUOTO ELETTRICO!
Com’è nata vostra la passione per la musica?
Molto semplice: nasce come forma espressiva in opposizione alle “solite cose da fare” nei paesi di provincia: bar, calcio, oratorio, discoteca.
Imparare a suonare uno strumento è sempre un’ottima alternativa, non credi?
Com’è nato “IL VUOTO ELETTRICO” e il suo sound?
Nasce a Bergamo su impulso di tre bresciani, cosa piuttosto curiosa visto i rapporti di cattivo vicinato tra le due città. In sintesi è stato l’ultimo disperato tentativo di combinare qualcosa di buono con la musica, dopo aver vivacchiato con progetti nei quali il difetto più evidente era la mancanza di prospettiva, nonché della giusta attitudine per fare “le cose” nel giusto modo.
Come descriveresti la nascita di I MIEI AVANZI?
È stato uno dei primi pezzi che abbiamo composto per il disco e subito ci è sembrato il più adatto a rappresentarlo. Si tratta di un pezzo duro, oserei dire quasi spietato. Nasce da un riff di chitarra al quale sono stati aggiunti stratificati gli altri strumenti. Parla di una cena in famiglia dove tutto degenera, fino a lasciare solo un mucchio di rifiuti, nei piatti dei commensali come nelle teste di chi era seduto al tavolo.
Il lavoro è accompagnato da un video?
Certo, è uscito in contemporanea. Lo potete trovare a questo link (https://youtu.be/XTo805Tbm48) ed è probabilmente il video più azzeccato che abbiamo mai fatto. L’ambientazione in una villa storica e l’atmosfera quasi in stile Kubrick sono il suo pezzo forte e accompagnano magnificamente musica e parole.
È prevista l’uscita di un disco?
Certo che sì, si intitolerà RADICE e uscirà il 15 ottobre per Maninalto! / I Dischi del Minollo con distribuzione nazionale Audioglobe. Conterrà 10 pezzi e sarà il nostro terzo concept album che chiuderà quella che noi chiamiamo “Trilogia dell’Esistenza”. Dopo aver parlato della paura con “Virale” e del tempo con “Traum” questa volta il tema è quello dell’Assenza, della Perdita e della Mancanza. Tre parole che sembrano assomigliarsi, ma che in realtà rappresentano tre stati d’animo profondamente diversi.
Studi, gavetta, sudore e soddisfazioni… vogliamo conoscere la vostra storia, tutto il suo percorso!
Siamo tutti musicisti autodidatti, o poco ci manca. Il nostro percorso è però piuttosto articolato da descrivere, anche perché abbiamo avuto diversi cambi di formazione e qualche peripezia di troppo. Non è semplice stare in un gruppo come Il Vuoto Elettrico, ci sono obiettivi da raggiungere, strategie da elaborare, tanto tempo da dedicare al progetto e pochi soldi. Quello che facciamo è essenzialmente voglia di esprimere il nostro modo di vedere il mondo, qualunque cosa possa significare.
Quali sono le vostre influenze artistiche?
Sono essenzialmente legata al periodo più stimolante per la musica rock italiana, quella che va dalla metà degli ’90 fino alla metà degli anni 2000.
Massimo Volume, Marlene Kuntz, Il Santo Niente, CSI, Afterhours, Il Teatro degli Orrori… Per quanto riguarda la musica straniera siamo decisamente più eterogenei: dai Motorpsycho ai Korn, da Springsteen agli Shellac. Qui c’è davvero un panorama più frastagliato. Diciamo che il post-punk mette d’accordo un po’ tutti, sfumatura più-sfumatura meno.
Quali sono le vostre collaborazioni musicali?
Abbiamo avuto la possibilità di collaborare con tre grandissimi produttori e di questo ne siamo orgogliosi: Fabio Magistrali (produttore di “Hai paura del buio?” degli After) con il primo disco, Xabier Iriondo (chitarrista degli Afterhours) con il secondo e Marco Lega (produttore dei primi dischi dei Marlene Kuntz) per questo terzo. Gente in grado di incidere notevolmente sulla crescita di un gruppo… ci è sempre interessato collaborare con nomi capaci di dirti “questo pezzo non funziona, bisogna cambiarlo” guardandoti in faccia senza problemi. Confrontarsi a viso aperto con chi ne sa più di te è sintomo di voglia di migliorare, e a noi questa cosa non è mai mancata.
Nell’ultimo album “Il temporale” è stata scritta a quattro mani con Pierpaolo Capovilla del TDO che nell’occasione ha pure voluto prestare la sua voce definendosi colpito dal nostro progetto. Onorati di tutto questo, lui è uno giusto.
E la collaborazione con Safe&Sound nel lavoro in promozione?
Ci sono stati proposti da una delle nostre etichette, Maninalto. Abbiamo ben presto scoperto che sono un ufficio stampa dinamico e produttivo, sempre sul pezzo. E poi al loro interno ci sono musicisti che sanno quali sono le esigenze di una band in rampa di lancio, e questo è molto importante.
Quali sono i contenuti che volete trasmettere attraverso la vostra arte?
Arte è una parola grossa. Non la userei. Preferisco parlare di artigianato, o magari di manovalanza. Mi fanno sorridere quei gruppi che “traggono ispirazione” che “dispensano arte” e che “si sentono portatori di valori e battaglie”.
Fate il cazzo che volete, ma non venitemela a raccontare: vi ubriacate come tutti, e usate i vostri “presunti manifesti ideologici” per attirare l’attenzione che non riuscite a ottenere con la vostra musica.
Parliamo delle vostre pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?
Come detto, questo è il nostro terzo album e anche questo uscirà sia in formato fisico che digitale, e di questo siamo particolarmente orgogliosi. Non siamo uno di quei gruppi che esce con la bustina di plastica e il CD-R, le nostre produzioni hanno tutte un progetto grafico elaborato, un booklet corposo e curato, un’idea di fondo e un percorso da seguire. Probabilmente perché i dischi li compriamo ancora… Dal vivo abbiamo aperto a realtà come Ulan Bator, Edda, Capovilla, A Toys Orchestra, Devocka… ma il meglio deve ancora arrivare.
Cosa ne pensate della scena musicale italiana? E cosa cambiereste/migliorereste?
No, mi spiace… non ci casco! Posso solo limitarmi a dire che ci sono troppi furbi e troppi paraculi mascherati da paladini. E aggiungo anche: più sali di notorietà e più le cose paradossalmente migliorano: i peggiori stanno alla base, sono i “piccoli”.
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigliate di ascoltare?
Oltre a “I miei avanzi” vi consigliamo di ascoltare “Il temporale”, scritto in collaborazione con Capovilla e “Gli angoli del nostro corpo”, una delle due ballate del disco, impreziosita dai violini di Mirela Isaincu e dalla voce di Francesca Scalari, due ottime musiciste che ci hanno fatto contenti con la loro presenza.
Magari alla fine ascoltate anche “Odio”, dove ci auto-prendiamo per il culo, finendo per prenderci sul serio. Un bell’esperimento di autocritica e di accusa allo stesso tempo.
Come state vivendo da artista e persona questo periodo del covid-19?
Parlo a livello personale ma penso di interpretare anche il pensiero degli altri: sono rimasto molto deluso da alcune posizioni contrarie al percorso di riavvicinamento alla normalità, anche di gente del cosiddetto panorama musicale alternativo. Se stiamo per uscire da una situazione da incubo lo dobbiamo quasi esclusivamente alla scienza e alla medicina, ma qualcuno sembra non capirlo. Ma il discorso sarebbe troppo lungo, quindi meglio non andare oltre.
Quali sono i vostri sogni nel cassetto?
Dai non farmi ridere, su… ti sembra il caso di fare certe domande?