Impegnato in queste settimane nella promozione del suo formidabile gruppo, di cui abbiamo avuto modo di parlare nei giorni scorsi, oggi abbiamo la fortuna di intervistare un grande talento del vibrafono e del jazz.
L’album si chiama “Libero pensatore” e il Cristiano Pomante Group è capeggiato dal leader omonimo che con il suo talento riflette una grande musicalità e, nel disco menzionato, trovano spazio soluzioni timbriche, ritmiche ed armoniche di grande spessore. A raccontarci di più è il diretto interessato: Cristiano Pomante risponde alla nostra intervista col suo inconfondibile garbo e profondità, propri della sua arte e, nel tempo che ci ha generosamente concesso, parlerà di sé e della sua musica.
Com’è nata la tua passione per la musica?
Sono cresciuto nella musica. I miei genitori sono due musicisti e hanno trasmesso a me e i miei fratelli questa passione. Tuttavia ricordo con molta chiarezza quando la musica ha scelto me: avevo quattordici anni e durante una lezione di esercitazioni orchestrali in conservatorio, rimasi completamente sconvolto dalla potenza emotiva dell’orchestra che in quel momento stava provando “Scheherazade” di Rimsky Korsakov. La musica mi era letteralmente entrata nel corpo, provocandomi una sorta di shock e lasciando un segno indelebile nella mia memoria.
Come è stato concepito il disco “Libero pensatore”?
Libero pensatore è il risultato iniziale di una attenta ricerca (che molto probabilmente non avrà mai fine) di quei mezzi necessari per esprimere al meglio la mia idea di suono. É nato dalla voglia di indagare a fondo sulle tecniche strumentali, sugli approcci compositivi e soprattutto sul perché delle cose. Come diceva Fausto Romitelli “il linguaggio musicale non è soltanto il mezzo per esprimere qualcosa, ma esso coincide con il contenuto; è il mezzo e il fine al tempo stesso”. Il disco coincide con l’inizio di una evoluzione personale, e con lo studio della composizione che mi accompagna ormai da diversi anni e che mi aiuta ad essere un “Libero Pensatore”.
Quali sono le tue influenze artistiche?
Sono tantissime, difficile sintetizzarle…Negli ultimi anni mi hanno influenzato molto compositori come: Fausto Romitelli, George Crumb, Gerard Grisey, Yan Maresz, George Benjamin, Edgar Varese e tanti tanti altri. Ma anche musicisti come Wayne Shorter, Chick Corea, Pat Metheney, Duke Ellington, che mi accompagnano da quando ero solo un ragazzino.
Quali sono le tue collaborazioni musicali?
Al momento oltre ai miei progetti, collaboro con il “Koine Sound Collective” del contrabbassista Fabrizio Fogagnolo. Spesso capitano collaborazioni occasionali, ma mai niente di stabile. Spero che in futuro, passato questo periodo difficile, ne possano nascere di nuove e durature.
Raccontaci le tue pregiate esperienze artistiche che ti hanno segnato
Le esperienze che mi hanno segnato di più, per ora, fanno parte del mio vissuto nel mondo della musica classica. Sicuramente la tournée nazionale con la compagnia italiana di operette mi ha lasciato una grande esperienza professionale oltreché umana. Poi diversi concerti prestigiosi in Italia e all’estero con alcune istituzioni sinfoniche. Poi anche i tanti concerti di “tutti i giorni” fatti nei club e nei piccoli festival, dove magari capitano le situazioni più disparate, come ritrovarsi con un pubblico di quattro persone. Anche quelli servono e hanno un valore diverso, altrettanto importante da cogliere.
Come stai vivendo da artista e persona questo periodo del covid-19?
Sicuramente con alti e bassi come tutti credo. Continuo ad andare avanti senza mollare mai, perché le difficoltà nella vita arrivano in un modo o nell’altro. Per questo motivo, nonostante la situazione difficile, ho deciso di pubblicare comunque il nuovo album che avevo già rimandato in primavera, con la prima ondata. É un gesto che mi serve a ricordare che i motivi delle mie scelte risiedono solo e soltanto dentro di me, e non fuori.
Quali sono i tuoi programmi futuri?
Tantissimi e con la constante incognita di come, quando e se, si concretizzeranno. Vorrei prima di tutto portare nei palchi dei festival, questo progetto. Mi piacerebbe allargare la mia attività professionale in Europa, e all’estero in generale, non solo come strumentista ma anche in particolare come compositore. Ho un grande “sogno nel cassetto”, quello di sentire la mia musica realizzata dalle grandi istituzioni sinfoniche. Bisogna lavorare tantissimo e duramente, per raggiungere il livello altissimo che contraddistingue questi ambienti. Mi sento un eterno studente che ha ancora molto da imparare, e credo che questo mi spingerà a studiare tutta la vita in un modo o nell’altro. Magari un giorno tutto ciò si realizzerà, o magari no, una cosa è certa: sicuramente continuerò a cercare il mio suono e a lavorare con lo stesso rispetto e con la stessa dedizione che la musica si merita.