Intervista a Fabio Mora

Intervista a Fabio Mora

 Sembra una chiaccherata fra amici dopo tanto tempo che non ci si vede, un discorso che ti prende e ti porta in luoghi e ricordi non vissuti ma ugualmente intensi. È il potere di Fabio Mora, artista di grande esperienza e spessore, che ci ha concesso il tuo prezioso tempo.

Farci sognare e far sognare è la sua parola d’ordine: riesce con le parole che leggiamo in questa intervista, così come nei brani che portano la sua preziosa firma.

È quasi ansioso di rispondere alle domande, mi chiede “Quanto tempo abbiamo? E quanto poso scrivere?”, già fa sorridere questa sua prorompenza che sa di giovanile: tratto che lo distingue e lo rende sempre attuale: dalle sue fiorenti (o Fiorella) collaborazioni al cammino in solitaria.

Fabio Mora è un interprete e allo stesso tempo uno spaccato della musica italiana, che oggi ci concede di conoscerlo meglio.

Ciao Fabio raccontaci il tuo background personale e i primi passi nella musica

Quanta voglia di leggere avete?

A parte gli scherzi, da che mi ricordo, canto da sempre…qualsiasi cosa naturale e non che producesse un suono mi affascinava e veniva presa di mira…

Di conseguenza, stare nella musica per me era una cosa naturale, come respirare o camminare.

La prima band in cui ho cantato seriamente era un incrocio tra i Black Sabbath e i Sex Pistols, li vidi suonare ad una festa e mi dissi: “io devo cantare con loro”.

E così fu…qualche mese più tardi presi per la prima volta in mano un microfono e comincia ad urlarci dentro. Facevamo il “FAUST”, in una versione Goth-Punk. Tenete presente che vi sto parlando di fine anni 80!

Da lì in poi, stare su un palco divenne essenziale.

Ho cantato in tantissime band più o meno conosciute del panorama nazionale, suonando anche in diversi festival stranieri.

Qualsiasi genere musicale era una scusa per cimentarmi in qualcosa di diverso e di nuovo, cosa che, grazie ad una viva curiosità e passione, fortunatamente, continuo a fare tuttora.

È più importante essere leader o essere al servizio della buona musica?

Non so cosa significhi essere “leader”.

Anche se spesso sono stato il portavoce delle band in cui ho militato, questo non significa che prendessi le redini in mano…

Non mi è mai piaciuto dare ordini o che, chi suonasse con me avesse la sensazione di essere un “mio” musicista.

Ho sempre pensato che le gioie e i dolori dovessero essere condivise in eguale misura da tutti i membri del gruppo.

Essere tutti consapevoli, nessuno escluso, fa si che la band entri in una dimensione di unicità. Trovo che sia bellissimo, condividere il palco con chi ha il suo ruolo ben definito ma con il tuo stesso grado di responsabilità!

È la formula migliore per avere sul palco, una macchina da guerra. In questo caso si avrà una band al completo servizio della buona musica! Tutta cuore ed energia!

“Il mio posto migliore” è un brano biografico? Qual’è la storia del brano e qual’è il tuo posto migliore

Nei mesi scorsi, in un tempo surreale, ho preso le distanze dalla musica.

Mi sono chiuso a riccio, e ho cominciato a guardarmi dentro…

Non avevo una direzione, un pensiero ben preciso di cosa stesse succedendo o stessi facendo di concreto e di dove, sopratutto, stavo andando.

Mi ero, diciamo così, un pò perso.

Il web impazzava di dirette tra musica e esperti virologi…

Tra tuttologi e politici che da un post all’altro cambiavano versione dei fatti.

Tornando alla musica, non riuscivo ad ascoltare un brano che fosse uno…

La parola “Lockdown”, tuttora mi da fastidio.

I concerti dai balconi, dai salottini, dalle camerette, mi mettevano in estrema difficoltà. Mi sono detto…dove cazzo sta andando… la musica?

Cosa succederà, nei mesi a venire?

In mezzo a tutto quel caos, chiuso in casa, circondato da tutte le mie cose, nell’abbraccio della famiglia, qualcosa comunque mancava…

Non riuscivo a metterlo a fuoco, finché una fredda mattina di marzo, nel chiarore del cielo, pensieri e idee, hanno ricominciato a fluire…

Nuove parole, frasi, strofe, scorrevano nella testa, venivano giù, come secchiate d’acqua.

Melodie e suoni, arrangiamenti e canzoni intere.

E lì, mi sono ritrovato.

Dentro ad un mondo che conosco da sempre.

Il mio posto migliore.

Nella tua fiorente carriera hai conosciuto e visto tante persone e posti, quali sono rimasti più impressi nella tua anima?

Beh, sicuramente, nonostante il poco “ma intenso”, tempo trascorso insieme, Fiorella Mannoia…La sua ironia è esplosiva, durante le registrazioni de “Il Gigante”, ci divertimmo molto…per fortuna ci sono alcune foto che documentano i fatti, altrimenti nessuno mi crederebbe! 🙂 Con Paolo Rossi invece, non riuscimmo nemmeno a parlare, cominciammo a ridere da subito. Spero gli sia rimasto un bel ricordo anche di noi.

Sì, ho avuto la fortuna di incontrare molta gente e ognuna di loro ha lasciato in me qualcosa di positivo, anche quando le cose andavano male…Ho imparato da tutti ad essere quello che sono oggi.

Per quanto riguarda i posti invece, ce ne sono alcuni, come il Messico, dove ho lasciato letteralmente un pezzo di cuore. Se poteste vedere la mia espressione adesso vedreste i cuoricini nei miei occhi.

San Paolo, in Brasile, dove abbiamo vissuto per un mese intero suonando nei migliori e peggiori bar della citta rischiando di diventare la Next Big Thing del paese…chiaramente non successe! 🙂

Poi, Cracovia, dove tenemmo un concerto dopo un viaggio di quattro giorni tra campi di concentramento e camere a gas…ho un ricordo indelebile della sala circolare in cui suonammo. Ero colmo di emozioni fortissime…dovevo far divertire i ragazzi e avevo un miscuglio di sentimenti contrastanti dentro di me, avrei voluto essere da tutt’altra parte. Ero una pentola a pressione! Fortunatamente, la musica, lenisce e ci salva, “almeno per quanto mi riguarda”, quella sera, canzone dopo canzone trovai la forza e la cura al dolore per quello che avevo visto e vissuto nei giorni precedenti. Una nostra versione di “Give Peace A Chance”, di Lennon cantata da tutti, mi riappacificò col mondo.

Ce ne sarebbero altri, non credo però ci sia abbastanza spazio per raccontarveli tutti…

Ti prego, continua Fabio! Raccontaci delle tue esperienze con I RIO e MORA & BRONSKI. Come hanno segnato il tuo percorso e cosa cerchi, ora, da te stesso come solista?

I RIO, sono stati la somma di tutto quello che avevo appreso nelle strade suonando in mille progetti, anni prima…

La band in cui ho potuto esprimere tutta la mia positività, di coltivare la filosofia dello stare bene sempre e comunque in ogni situazione e la possibilità di arrivare inoltre, al cuore di tante persone.

Mora & Bronski invece, sono il mio lato buio, il lato oscuro della forza. 🙂

Chiusa in un cassetto per anni cominciava a scalpitare, nel 2004 durante un periodo di fermo artistico de i RIO, è tornata a bussare alla mia porta.

Io e Bronski ci siamo guardati negli occhi e, ascoltati il cuore.

Era ora di rispolverare vecchie radici che volevano tornare alla superficie. La grande passione che abbiamo in comune per la musica blues ha fatto il resto!

Così, fondendo il cantautorato tradizionale italiano con le basi della musica afro-americana abbiamo coniato un genere nuovo, un nostro stile nominato: “Bluesautorato”, dove sondiamo le parti più intime dell’animo umano.

Ora, in questo momento artistico, raggiunta “come dicevo prima”, una nuova consapevolezza musicale, ritrovato un mio posto migliore all’interno di esso, voglio assolutamente continuare a sperimentare. Con questo nuovo brano ho trovato un nuovo spirito da dare alla mia musica, com’era giusto che fosse, non amo ripetermi, credo sia un errore, artisticamente parlando…nell’arco della giornata, non siamo sempre sorridenti o sempre arrabbiati, non piangiamo ogni minuto o abbiamo sempre voglia di scherzare…

Così sono le mie canzoni, seguono l’andamento di un tempo.

E per me, adesso è tempo di qualcosa di nuovo!

E a proposito di qualcosa di nuovo. Non sappiamo davvero cosa aspettarci dalla tua straordinaria verve artistica. Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Sorrido, leggendo i commenti o i messaggi delle persone che mi riempiono di complimenti o critiche per la scelta che sto facendo come solista o per questo nuovo brano.

Sinceramente la mia, era una gran esigenza di raccontare questa canzone, farla arrivare a più persone possibili. Non avevo preso in considerazione realmente una carriera da solista.

I brani, in teoria, ci sarebbero anche, come dicevo prima, ho scritto molto nei mesi addietro, chissà…

Sono tempi duri questi e non solo per il mondo della musica…

Farò tesoro di ogni singola sensazione buona e vedrò cosa succede nei giorni a venire.

Con una buona scorta di positività, le cose si affrontano meglio e poi, di musica, per fortuna, non se ne ha mai abbastanza!

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