Con grande piacere diamo il benvenuto a Pappa, al secolo Francesco Pappacena, artista poliedrico che sta raccogliendo consensi crescenti nel pubblico italiano. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro N’artra biretta, leggiamo con senso di empatia l’intervista a Pappa, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Scopriremo interessanti retroscena musicali e di vita, Pappa si confiderà con noi con quelle che sono le collaborazioni, fra le tante, quelle con Red&blue, Isola degli artisti, le esperienze, come Meeting del Mare, Milano Music Week e i progetti futuri. Andiamo a capofitto a fondo e diamo un caloroso benvenuto a Pappa!
Com’è nata tua la passione per la musica?
Credo parta tutto da un pianoforte di fine 700 che è a casa dei miei nonni. Ricordo mio nonno che ogni tanto muoveva le dita su quei tasti. Credo di aver preso da lui soprattutto le mani e il modo di muoverle.
Poi a casa avevamo una chitarra e una tastiera giocattolo. L’arte mi accompagna da sempre, fin da piccolo cercavo la bellezza nelle cose, nella quotidianità. Tutto ciò ho iniziato a raccontarlo nelle canzoni cercando di essere il più naturale e trasparente possibile. Nelle canzoni non mi nascondo, anzi mi spoglio di tutto.
“Pappa” vogliamo sapere di più dei tuoi superpoteri…!
Sono cintura nera di spaghetto pomodoro fresco e basilico! Vale come superpotere?
Come descriveresti la nascita di N’artra biretta?
N’artra biretta nasce dalla necessità di scardinare i classici luoghi comuni della provincia italiana, in questo caso Latina, dove è molto semplice imbattersi in una quotidianità che fa fatica ad andare oltre la retorica del “QVANDO C’ERA LVI”. Girovagando per le strade di Latina mi sono divertito a fare delle domande e raccogliere delle testimonianze che ho deciso di esasperare nel brano per aggiungere un pizzico di goliardia e leggerezza.Certamente l’ironia è stata fondamentale per affrontare tematiche delicate come questa e rendere il brano più leggero anche se potrebbe essere frainteso. Il mio ruolo in questo caso sicuramente non vuole essere quello di educatore, tant’è vero che il brano non è un manifesto politico, piuttosto ho cercato di ironizzare su una forma mentis e una retorica sbagliata.
Un brano, senza ombra di dubbio, schietto, diretto e senza filtri. Un viaggio al centro di una città ricca di personaggi che ancora vivono tra i fantasmi di un epoca che, purtroppo, ancora si fa sentire. Un Lucio nostalgico, una madre quasi succube, un artista confuso ci raccontano quella che è la mentalità di una città “moderna”. Un ritornello che però ha il potere di abbattere tutti i muri e la capacità di unire mille voci in un unico coro.
Si sa che un’immagine vale più di mille parole, ma le note non sono da meno! Il lavoro è stato valorizzato da una clip?
Sarebbe stupendo in realtà, purtroppo ancora non ci stiamo lavorando perché è un brano che si presta molto dal vivo.
Mi Piacerebbe girare una sorta di video live non appena si ritornerà sui palchi.
Per adesso il brano è accompagnato da un’immagine stupenda disegnata a mano da un mio vecchio professore del liceo, Filippo Paris. Nell’immagine descrivo tutto ciò di cui parlo nel brano, appoggiato al bancone del bar del buon Egidio (citato nel ritornello) affiancato da un Benito un pò affranto da ciò che lo circonda, ovvero persone che non conoscono odio.
E l’album da cui è estratto? Oppure è in cantiere un album che lo conterrà?
In cantiere ci sono Canzoni. In questi ultimi anni ho raccolto materiale che spero di farvi ascoltare quanto prima, soprattutto live. Per l’album si vedrà più avanti, non ho fretta per ora.
In salita o in discesa. I percorsi artistici si sviluppano sempre tra mille peripezie, vuoi raccontarcele?
Diciamo che per uno che prova a fare musica in questo periodo sono più le salite che le discese. Nel corso di questi anni ho provato a fare di tutto, dai contest regionali/nazionali fino ad arrivare ai provini per finte etichette con finti produttori pronti a spillare soldi. Bisogna stare attenti, è facilissimo demorallizzarsi e mollare tutto. Io non ho mai avuto un piano B, ho sempre avuto un piano: vivere di musica, di concerti, di canzoni. Da Gennaio 2017 ho deciso che le cose dovevano prendere una piega più seria. Ho così deciso di registrare il primo disco che uscì il 14 ottobre dello stesso anno e mi ha portato delle piccole gioie ma per me giganti. Tantissimi live girando per Roma, Bologna, Milano, Padova, Verona, Bisceglie, Battipaglia, Marina di Camerota solo per citarne alcune. Bisogna credere in quello che si fa, rispettare le canzoni e la musica. Solo così la musica ti ripagherà.
Quali sono le tue influenze artistiche?
Ricordo che a 15 anni comprai la chitarra per strimpellare le canzoni di Ligabue, è l’artista che mi ha spinto a iniziare a scrivere verso i 16/17 anni. Un’influenza vera e proprio però è stata di sicuro il brit pop inglese: oasis, blur ad esempio. Poi ovviamente la musica italiana, Lucio Dalla in primis, un genio visionario che per la scrittura mi ha stravolto il modo di vedere e sentire le cose.
Quali sono le tue collaborazioni musicali?
Posso affermare che la prima collaborazione seria riguarda proprio la registrazione del primo album. Mi affidai ad un ragazzo della mia città (Latina), entrammo subito in sintonia e tirò fuori una produzione eccezionale su tutte e 10 le tracce del disco. La cosa bella è che poi, con quel ragazzo, diventammo, oltre che grandi amici, anche colleghi. Lui è Manuel Finotti. Siamo entrambi della squadra di Isola degli artisti. È uno dei produttori e autori che in Italia sarà considerato tra i più bravi a mio parere. Insieme abbiamo collaborato nella scrittura di “Ti ho creduto” di Giordana Angi. In futuro ci saranno altre collaborazioni con altri artisti, per adesso però non posso dire nulla.
E le collaborazioni con Red&blue e Isola degli artisti nel lavoro in promozione?
Isola mi ha aperto un mondo, è la prima etichetta che ha creduto in me e nelle canzoni. Il mio primo contratto discografico come autore e poi come artista. È una piccola famigliola composta da belle persone con cui è stupendo lavorare. Ci si mette in gioco, si sperimenta, ci si diverte. Con il tempo secondo me ne sentiremo e ne vedremo delle belle.
Per quanto riguarda red&blue posso solo che dire grazie per aver preso in mano la promozione del progetto e del brano. So come lavorano e come si muovono, sono seri in quello che fanno quindi non posso che essere veramente felice di questa collaborazione.
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?
Cerco solo raccontare storie, le mie o di chi mi circonda. Mi affaccio nella vita degli altri e racconto ciò che mi fa vibrare, che mi smuove. Alla fine parlo di quotidianità, tutto poi porta all’amore, non per forza fisico ma anche l’amore nelle piccole cose che ci circondano. Come direbbe Brunori: “Canzoni che parlano d’amore
Perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare?” ecco, ha ragione.
Parliamo delle tue pregiate esperienze di live, concerti e concorsi, o come Meeting del Mare e Milano Music Week?
Era il 24 novembre 2018 e mi avevano chiesto di aprire la serata a “I miei migliori complimenti” durante la Milano Music Week. Ero super emozionato, prima volta che suonavo a Milano, locale pieno. Ricordo una bellissima serata al circolo Ohibò che purtroppo ha chiuso i battenti come tantissimi altri locali di musica live in questo ultimo anno.
Il meeting del mare invece fu la prima vera esperienza su un palco gigante, circondato da professionisti, in una location stupenda, tantissimi artisti e la sera si esibiva Frah Quintale e la sera dopo Cosmo. Era tutto stupendo, sembra una vita fa.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
Sono un grande fan della scena italiana, soprattutto quella più indipendente e di nicchia, sono cresciuto con quella musicalmente parlando. Non sono nessuno per consigliare miglioramenti. Mi piacerebbe solo che le persone tornino a riempire quei circoli dove è possibile scoprire artisti locali e non, a sostenere la musica emergente che poi è anche la musica di domani.
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?
Io fossi in voi un ascolto al vecchio disco “Sottoscala” lo farei, ogni tanto mi capita di riascoltarlo e devo dire che per essere un primo disco autoprodotto faceva e fa tuttora la sua porca figura.
Come stai vivendo da artista e persona questo periodo del covid-19?
Una vita senza concerti, per uno che fa musica, è considerato vivere?
Spesso mi sento apatico, scrivo ma molto di meno rispetto a prima. Ho bisogno della gente, della notte, della vita.
Quali sono i tuoi programmi futuri?
Tornare a vivere e respirare sui palchi!