Onorati e privilegiati, diamo il benvenuto ad Arnaldo Furioso, artista poliedrico che raccoglie consensi a go-go. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro Butto la plastica (io rivendico il mare), pubblichiamo con estremo interesse l’intervista ad Arnaldo Furioso, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Apprenderemo curiosità, vizi e virtù della musica e della vita, Arnaldo Furioso si narrerà con quelle che sono le collaborazioni, le esperienze, e i progetti futuri. Entriamo nel vivo dell’intervista e diamo un caloroso benvenuto a Arnaldo Furioso!
Com’è nata tua la passione per la musica?
Quando avevo 6 anni mia sorella maggiore ha comprato una chitarra. Quell’estate mi ruppi una gamba e rimasi ore e giorni a casa con quello strano oggetto che emetteva suoni sfiorandolo.
Ma la vera fortuna fu che nel mio giro di amichetti suonavano tutti e c’era anzi proprio una vera e propria forma di “BULLISMO MUSICALE ” 🙂 Se partiva una canzone alla radio, chi non sapeva gli accordi era un cretino. Ovviamente già alle medie mettemmo su una band.
Poi mia sorella minore comprò un piano… ahahah Forse se non avessi avuto sorelle non avrei mai suonato 🙂 Grazie Elena, grazie Carla <3
Com’è nato “Arnaldo Furioso” e il suo personaggio, il suo sound?
Volevo un nome d’arte viscerale, che trasmettesse l’idea di una passione incondizionata e capace di tutto. Amore oltre il limite, come nel poema dell’Ariosto. Io mi chiamo Arnaldo e forse per la mia… ehm… vivacità alcuni mi chiamavano già così.
Non c’è costruzione del personaggio, faccio quello che sono, quello che sento, NO FILTER. Anche il sound risente ovviamente di tutto quello che ho fatto e incontrato. Ho prodotto deep house, elettronica, scritto brani super italiani per altri, ho lavorato in radio e collaborato con DJ per decenni, gestito un Club molto berlinese.
Electro-pop? beh sì, ma sono il figlio degenere del cantautorato italiano, della techno melodica, del dance floor sudato, sono FURIOSO.
Da un incontro o da uno scontro, tutto può essere ispirazione. Com’è nato il lavoro “Butto la plastica (Io rivendico il mare)” ?
Le canzoni nascono perché sto o troppo male o troppo bene. Nel caso di quest’ultimo singolo riflettevo sull’ “epica del quotidiano”, e sui gesti semplici che ti aiutano a mettere in ordine l’anima.
Infatti il brano parla di una tipa che dopo una notte disastrosa con l’ex fa pulizia, in casa e… dentro di sé.
C’è quindi questa doppia “plastica”: quella vera e propria che ci sta ammazzando, è ormai nel nostro sangue, e quella mentale, relazionale che ci inquina lo spirito.
Anche quel “io rivendico il mare” del ritornello ha un doppio significato. Comprendere che il mare è proprio tuo, oltre che nostro, e lo stiamo uccidendo ma anche il mare come aspirazione a qualcosa di più grande.
La produzione musicale è come sempre mia, volevo un brano lento e un po’ ipnotico (come le onde, a 87 BPM) ma anche violento, con una linea di basso synth arrabbiata e percussiva. Nel ritornello parte un suono molto rave che non molla mai. Il senso è trasmettere una emergenza.
A proposito di emergenze, a fine brano c’e’ questo notiziario in inglese stile CNN che dice solo notizie reali e fatti tristemente comprovati. E qui l’ispirazione viene da una house lontana. Vi ricordate da Paul Hardcastle?
Ah, mix e master li ho fatti con Salvo Carducci, ing. del suono e grandissimo domatore di frequenze.
Il lavoro è accompagnato da un video?
Sì, un videoclip del quale vado sinceramente fiero. Sono immerso fino alla vita nel mare, in giacca e cravatta, insieme al mio miglior synth (un Korg M1). Lo trovate qui: https://youtu.be/4ENXjGbqhxA.
Ho avuto l’onore di presentarlo qualche settimana fa in Giappone, a Osaka, per l’Expo 2025.
L’idea è nata da un’immagine precisa che non mi lasciava in pace: un uomo solo nel mare, elegante e vulnerabile, a suonare. Ne ho parlato con il mio amico romanziere Jacopo Stante — uno che gira il mondo con una valigia di storie e non perde mai un aggiornamento sul climate change. Gli ho raccontato della giacca, del synth, dell’acqua fino alla vita. Lui ha fatto una pausa e mi ha detto: “Sai chi mi ricordi? Il ministro di Tuvalu che ha parlato alle Nazioni Unite in mezzo all’oceano, per far capire che il suo paese sta scomparendo per l’innalzamento delle acque”.
Ecco, se un brano serve a qualcosa, è forse proprio questo: a non far scomparire quello che amiamo.
Il lavoro fa parte di una serie di uscite che culminerà in un disco?
“Butto la plastica” è il quinto singolo del progetto “Canzoni contro le (stronze) leggi del cosmo”, un concept che raccoglie brani di ribellione, urla di liberazione da tutto ciò che ci costringe in quanto esseri umani.
Mi piacerebbe farne un vinile rosso come il fuoco, ma ci saranno prima altri singoli.
Com’è stato il percorso dall’esordio ad oggi?
Se parliamo di Arnaldo Furioso, sono ancora esordiente! 😉
Se invece ti riferisci ad Arnaldo Guido (il mio vero nome) ne avrei da raccontare…
In ogni caso il percorso è durissimo, escono un miliardo di canzoni bellissime al secondo e allora perché scriverne altre? Io ho una risposta semplice: perchè non riesco a farne a meno. Scrivo per me.
Anzi, ho la netta sensazione che siano loro, le canzoni, a venire da me per essere scritte. Mi pungolano tutto il giorno, la notte poi.. non mi danno pace. Vogliono semplicemente nascere, esistere. Poi dopo scritte.. puff.. spariscono. Smettono di tormentarmi, anche se li comincia un altro tipo di lavoro.
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua musica?
Per me una canzone è un’onda: deve scuoterti, sommergerti e poi restituirti più leggero, spettinato ma più bello. Nei miei brani spesso ci sono due archi narrativi intrecciati: la denuncia – come in “Butto la plastica”, dove parlo di inquinamento fisico e mentale – e l’urlo di libertà, quell’anelito a riprenderci il mare, i sogni, la nostra verità.
Io racconto amori quantici, ribellione alle leggi (stronze) del cosmo, di come si possa ballare sull’orlo dell’abisso e, al tempo stesso, offro scorci di speranza, di rinascita.
Io sono uno sguardo siderale che prende il volo dal top (sporco) della tua cucina.
Vieni con me.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
La scena italiana è un rumore di fondo che a volte confonde, ma dentro quel frastuono ci sono diverse gemme autentiche. Siamo inondati di uscite: trap, pop, cantautorato, sperimentazioni elettroniche, world music… la legge dei grandi numeri ci offre ogni giorno qualcosa di nuovo. Ci sono voci pazzesche, produzioni internazionali e un fermento che non ricordo in altri momenti.
Certo, mi piacerebbe che ci fosse più coraggio nel rompere gli schemi e meno ossessione per le playlist mainstream. Vorrei un circuito live più libero, più effervescente. Vorrei che i grandi network radiofonici fossero più aperti agli artisti minori ma non tanto per me, semplicemente perchè ci sono brani pazzeschi che non sono delle major.
Ma la scena italiana c’è ed è viva e ricca come non mai.
Spero di riuscire a gettare un sasso in questo oceano, creare onde che facciano risuonare la mia epica quotidiana anche in chi non sapeva di averne bisogno.
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?
Oddio, per me sono come figli 🙂 Ma vi consiglio “LIBERO DAL…”, un brano per smettere di pensare con l’organo sbagliato, per liberarsi da relazioni che, magari con le migliori intenzioni, si trasformano in una prigione manipolativa, tenendoci legati a un guinzaglio sessuale.
Occhio, non lo trovate su youtube, eccolo qua: open.spotify.com/intl-it/track/7qFrXU7LWJdEcNWX3oO0cW
Progetti a breve e lungo termine?
Live, Live, Live! Sto mettendo su un live.. FURIOSOooooooooooo! 😉
Grazie, bella chiacchierata, ci becchiamo su instagram: @arnaldofurioso <3