“Giorni di Pare”: il conscious rap di Pare che arriva dritto al cuore

“Giorni di Pare”: il conscious rap di Pare che arriva dritto al cuore

Dopo il successo di “Il mondo collassa“, Pare, al secolo Michele Pasquali, torna con un nuovo singolo carico di emozioni e introspezione: “Giorni di Pare“. Questo pezzo, un conscious rap dai tratti nostalgici avvolto da un dark beat ipnotico, rappresenta un tuffo nelle inquietudini dell’artista, un racconto crudo e sincero delle sue giornate trascorse a combattere con le proprie ansie ed i propri demoni.

Nato da un’esperienza diretta del giovane rapper lucchese, il brano – il cui titolo ha una duplice accezione, riflettendo sia le paranoie dell’artista che il suo pseudonimo -,  è un vero e proprio fraseggio interno con le paranoie, un dialogo aperto con quei pensieri che martellano la mente e da cui ci si vuole liberare. Il testo, ricco di incastri evocativi, mette in evidenza la solitudine e la ricerca di una via di fuga attraverso la musica: «Ricordo i giorni da solo, avevo bisogno di un fuoco che mi scaldasse le tempie; sopra un foglio il mio unico sfogo». Questi versi iniziali, ci trasportano immediatamente nel mondo di Pare, un luogo in cui l’isolamento e il bisogno di esprimersi diventano urgenza, una necessità di evasione palpabile e incalzante. La musica diventa l’unica via di salvezza, un modo per scaldare l’anima e trovare un rifugio dalle proprie paure, dalle proprie incertezze e da un mondo che spesso ci relega «in un angolo buio, sempre distante».

Nel silenzio assordante di questa battaglia interiore che strappa voce, parole ed energie, “Giorni di Pare” diventa il grido di chi è prigioniero di se stesso, un grido che si trasforma in resistenza e determinazione: «Sentivo le voci dentro di me cantare, tu sminuivi il problema, io mi sentivo affondare. Farò musica per farle parlare». In questo verso, personale e toccante, Pare esprime la difficoltà di vivere con le paranoie, la frustrazione di sentirsi incompreso e la risolutezza di utilizzare l’arte come strumento per dare forma alle proprie inquietudini, per rendere udibili le urla nascoste tra le ferite dell’anima. È una dichiarazione di intenti che mostra la volontà di trasformare il dolore in rinascita, liberandosi dalle proprie catene.

Nel suo stile inconfondibile, Pare non manca di lanciare uno sguardo critico alla società, sottolineando le sue contraddizioni e falsità: «Siamo in una stanza senza luce, per l’Italia è ancora il Duce che ti illude di essere qualcuno, ma davanti a Caronte prenderai solo schiaffi e tu non sei nessuno». Liriche che racchiudono un duro attacco alle illusioni e alla superficialità che pervadono la nostra epoca. Un invito in musica a guardare oltre le apparenze e a cercare una verità più profonda, nonostante le difficoltà che questo comporta.

«”Giorni di Pare” – dichiara l’artista – è nato sentendo i cori del beat, che ho voluto usare proprio come se fossero le varie paranoie che cantavano dentro di me.»

Questo approccio gli ha permesso di creare un pezzo capace di parlare non solo della sua esperienza, ma di diventare una catarsi per tutti coloro che lo ascoltano. I cori in sottofondo si fanno emblema di un Io distorto che ciascuno di noi può conoscere nei momenti di difficoltà, rappresentando un’evocazione poetica di un conflitto che si può vincere solo con il coraggio di guardarsi dentro, senza filtri e senza giudizio.

“Giorni di Pare” è un invito a confrontarsi con le proprie paure, a trovare la propria voce in mezzo a tante e a non arrendersi mai. È un richiamo a non lasciarsi sopraffare dalle avversità, convertendole in opportunità per crescere e riscoprire se stessi. Pare ci guida in questo cammino di scoperta, ricordandoci che solo affrontando le nostre ombre possiamo trovare veramente la luce.

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