Straordinaria e interessante intervista oggi a LORENZO SEMPRINI, artista poliedrico che sta raccogliendo consensi crescenti nel pubblico italiano. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro Lei aspetta, leggiamo con senso di empatia l’intervista a LORENZO SEMPRINI, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Apprenderemo curiosità, vizi e virtù della musica e della vita, LORENZO SEMPRINI si svelerà con quelle che sono le collaborazioni, fra le quali con Red&Blue, Miami & the Groovers, Paolo Fresu, le esperienze, come Dirty roads 2005, Merry go round 2008, Good things 2012,The ghost king 2015, e i progetti futuri. Tuffiamoci in questo mondo speciale e diamo un caloroso benvenuto a LORENZO SEMPRINI!
Com’è nata tua la passione per la musica?
Da piccolo grazie alla mia famiglia. In casa mia c’è sempre stata musica, dalle audiocassette alla radio accesa, sebbene nessuno fosse un musicista c’era sempre molta musicalità in casa. Quindi da Battisti ad Elvis, alla musica folk romagnola passando per i 45 giri di mia mamma che comprendevano Morandi, i Beatles, Neil Sedaka, i Creedence, Mina, Celentano e tanto altro.
I miei primi ascolti erano quei nastri, a volte doppiati, in cui cercavo di trovare qualcosa che mi facesse star bene. Sono nato nel 1974 e quando avevo 10-12 anni le mie passioni erano Bruce Springsteen e Madonna. Proprio grazie a Bruce ho provato timidamente a mettere le mani sulla mia prima chitarra quando avevo già 15-16 anni. Da lì è nato tutto.
Com’è nato “LORENZO SEMPRINI” e il suo personaggio, il suo sound?
In realtà non c’è nessun personaggio dietro a Lorenzo, sono semplicemente io. Dal 2000 suono con Miami & the Groovers, rock scritto e cantato in inglese, abbiamo davvero macinato decine di migliaia di chilometri e fatto tanta gavetta e raccolto tante belle soddisfazioni. Questo mio progetto solista in italiano è una sfida, innanzitutto nell’aver scelto di cantare nella mia lingua, abbattendo ogni barriera. Inoltre ho provato a coniugare le mie passioni per la musica angloamericana, quella del folk, del blues, del rock con una dimensione molto italiana e quello che cerco sempre di fare è raccontare delle storie nelle mie canzoni. Storie che possono parlare di me oppure semplicemente di quello che vedo accadere attorno a me. L’ho fatto prima in inglese e provo a farlo anche oggi con le nuove canzoni in italiano.
Prima l’uovo (il testo) o la gallina (la musica). Com’è stato il processo di creazione di Lei aspetta?
Lei aspetta è nata quasi contemporaneamente, scrivevo 3-4 righe di testo e provavo subito ad accompagnarmi con la mia chitarra acustica.
Ricordo bene di averla scritta di sera, al tavolo della cucina della casa dei miei genitori, quel tavolo che mi ha ospitato ogni giorno per circa 30 anni. Alla fine è nata piuttosto velocemente e l’abbiamo anche registrata quasi subito con un combo di musicisti composto da me, Marco Ferri, Beppe Ardito, Francesco Pesarei, Gianluca Morelli (anche alla produzione) e poi in un secondo momento è stato aggiunto l’organo Hammond di Riccardo Maccabruni dei Mandolin Brothers.
Il lavoro è accompagnato da un video?
Sì il video è stato registrato verso fine marzo in un hotel molto affascinante di Rimini, l’Admiral Art Hotel, pieno di opere d’arte e corridoi evocativi. La produzione dei ragazzi di Deck Lab ha fatto il resto per rendere il percorso della protagonista, Miriam Canti, un crescendo di emozioni, anche di angoscia fino ad arrivare ai ritornelli liberatori e ad un finale a sorpresa. Anche il videoclip racconta una storia.
Il lavoro fa parte di una serie di uscite che culminerà in un disco?
Sì certo, Lei aspetta fa parte delle 12 canzoni che comporranno l’album che uscirà ad inizio autunno. Un album a cui ho lavorato con Gianluca Morelli di Deck Recording Studio per circa 2 anni, supportato innanzitutto dalla sezione ritmica di Francesco Pesaresi e Pablo Angelini.
Sono molto fiero di questo primo disco in italiano, dei testi, del suono, dei tanti musicisti che ci hanno suonato, ben 22 tra cui Federico Mecozzi, Antonio Gramentieri, Alex Valle, Elisa Semprini, Vanessa Peters, Massimo Marches e tanti altri. Inoltre l’album, che uscirà anche in formato fisico, avrà le liner notes di Massimo Cotto, uno dei personaggi che grazie alla radio mi ha fatto conoscere ed amare un certo tipo di musica. Tra pochi giorni partirà il crowdfunding che darà la possibilità a chi lo sottoscriverà di avere l’album 2 mesi prima della uscita ufficiale.
Studi, gavetta, sudore e soddisfazioni… vogliamo conoscere la tua storia, tutto il suo percorso!
Studio pco, gavetta e sudore tantissimo e soddisfazioni gigantesche se ci ripenso adesso. Aver registrato 6 album, fatto più di mille concerti, aver incrociato tantissime persone che si sono legate alle canzoni che abbiamo proposto e l’aver condiviso il palco con musicisti che per me sono sempre stati dei miti come Bruce Springsteen (2 volte ad Asbury Park), Elliott Murphy, Alejandro Escovedo, Willie Nile, Southside Johnny, Jesse Malin ed anche artisti italiani come Ron, Bobo Rondelli, Riccardo Maffoni, Daniele Tenca, Gang e Graziano Romani. Per fortuna esistono i video, le foto e i ricordi per farmi rendere conto che tutto questo è successo davvero.
Quali sono le tue influenze artistiche?
Ho sempre amato la musica americana, i grandi cantautori da Bob Dylan in avanti, le band inglesi come i Clash, i Rolling Stones, la musica che veniva dall’Irlanda come Van Morrison, U2, Glen Hansard, Damien Rice, inoltre uno dei miei preferiti è The Tallest Man on Earth uno folksinger svedese davvero fantastico. I miei italiani preferiti vanno da Vinicio Capossela agli Afterhours, da Francesco De Gregori a Niccolò Fabi, passando per Edoardo Bennato, Guccini, i Gang, Negrita, ma ci sono anche artisti giovani che mi piacciono come Caparezza, Madame, Lo Stato Sociale, Fast Animals Slow Kids.
Quali sono le tue collaborazioni musicali?
Negli anni tantissime sia dal vivo che in studio, mi piace ricordare quella con il grande fisarmonicista Joel Guzman, con Jono Manson, Joe D’Urso, Michael McDermott, la bellissima esperienza con la carovana folk di Bound for glory, quella con Paolo Fresu per il brano per beneficenza “Siamo rimasti noi” e naturalmente quella al momento più longeva ed importante, cioè Miami & the Groovers. Ora ho iniziato questo percorso parallelo con i miei brani italiani, supportato da Red&Blue e spero di trovare altrettante orecchie pronte ad ascoltarmi.
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?
Dentro le mie canzoni ci sono storie, ci sono vittorie e sconfitte, ci sono risate ed anche cicatrici, ci sono cadute e ripartenze, c’è la vita che a volte riesci a domare e quella che a volte ti piega in due. Ho sempre dato molta importanza ai testi delle canzoni, sia nelle mie che in quelle degli altri.
Parliamo delle tue pregiate esperienze di live, concerti e concorsi e produzioni come Dirty roads 2005, Merry go round 2008, Good things 2012,The ghost king 2015?
In realtà ci vorrebbe un giorno intero per raccontare tutte queste produzioni e concerti. Siamo arrivati a fare anche 100 live in un anno, tutto in autoproduzione ed autopromozione. Le canzoni di quei dischi risuonano ancora nei concerti di oggi e non escludo di presentarne qualcuna tradotta in italiano nei prossimi concerti.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
Penso che la scena della musica italiana sia in netta crescita rispetto ad anni fa, intendo la quella cantata in italiano. Quello che prima era alternative è diventato mainstream e quello che prima era mainstream ora è vintage. Sinceramente di cose da cambiare ce ne sarebbero tante, ma probabilmente la cosa più importante sarebbe tornare ad avere una educazione musicale nelle case e nelle scuole. Oggi abbiamo l’opportunità di avere a portata di mano qualunque canzone sia stata scritta e pubblicata, perché sprecare questa opportunità ascoltando e facendo ascoltare cattiva musica?
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?
Tenete d’occhio i miei canali social che a breve usciranno nuove canzoni, nel frattempo vi consiglio di andarvi ad ascoltare oltre a “Lei aspetta” anche “Siamo rimasti noi” che ho scritto lo scorso anno durante il primo lockdown e pubblicata con l’apporto di altri 12 musicisti.
Come stai vivendo da artista e persona questo periodo del covid-19?
Lo sto vivendo a momenti alterni., cerco di darmi obiettivi e tenermi impegnato. Ho cercato anche di essere attivo anche con gli eventi che ho da sempre organizzato come i “Glory days in Rimini” facendo dirette con personaggi come Massimo Cotto, Luca De Gennaro, Giorgio Gherarducci (Gialappa’s band), Leonardo Colombati ed anche andando a pescare negli archivi video e ripubblicando vecchi concerti. Abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo un tempo sospeso, un tempo a metà, ne siamo usciti tutti un po’ cambiati, vedremo come ci evolveremo come società civile e come essere umani.
Quali sono i tuoi programmi futuri?
Sicuramente suonare dal vivo i miei nuovi brani in italiano con tanto di band ed ospiti speciali ogni sera, inoltre i concerti con Miami & the Groovers continuano come sempre. Basterà ogni sera colpire almeno una persona del pubblico e l’obiettivo sarà giunto. Per la musica sono momenti non facili, mi auguro che il prossimo futuro riporti le persone ad essere più curiose nei confronti dei musicisti che non passano magari in tv o in radio, ma che hanno sicuramente qualcosa da dire…
a proposito non ti ho detto come si chiamerà il mio album in italiano, ma per ora meglio che rimanga un segreto. Volevo intanto ringraziarti Andrea per le domande e lo spazio che mi hai concesso. Ci incontreremo lungo la strada, come cantava quella band modenese innamorata dell’Irlanda.